
E’ stata una festa statica, tutti fermi uniti da un filo, quel filo di speranza di amore per ribadire che ‘la pace non ce la regala nessuno’ è un processo che si guadagna giorno per giorno. Oggi da Porta San Pietro un cordone di persone, distanti ordinate e responsabili, ai lati della strada hanno simboleggiato l’importanza di voler essere a questa manifestazione pacifica nonostante il Covid.

“Siamo stati a distanza di un metro l’uno dall’altro – ha detto Flavio Lotti coordinatore Tavola della Pace – con le mascherine, convinti che insieme si può riuscire ad avere un mondo migliore. Con questa Catena Umana abbiamo scelto di restare fermi per scuotere le coscienze di quelli che non si vogliono muovere, quelli che restano indifferenti, quelli che non vogliono prendersi cura dei più vulnerabili. Siamo tutti fratelli e sorelle e facciamo parte di questa umanità straordinari. L’Umbria ha avuto due uomini eccezionali come San Francesco e Aldo Capitini che sono il simbolo della pace, fraternità, rispetto e fratellanza”.
I partecipanti sono restati fermi e distanti suonando e ballando, ma anche semplicemente fermi assaporando questo popolo colorato e allegro che crede in questi ideali spesso considerati irraggiungibili, utopici ma l’essere lì oggi fa sembrare di toccarli realmente con l’anima e con il cuore. Tra i fili che uniscono le persone c’è il quadro di Willy realizzato da Hosè un pittore italo-argentino che ha voluto portare nella catena il volto di questo ragazzo ucciso ingiustamente.
La presidente del consiglio comunale di Città di Castello, Francesca Mencagli ha partecipato con in gonfalone dell’ente alla Catena Umana per la Pace nella piazza della Basilica di San Francesco. “Presenti in sicurezza accanto ad altre istituzioni, associazioni, cittadini per ribadire e difendere sempre i valori di fratellanza e pace in un momento così delicato per il paese ed il mondo intero”, ha dichiarato Mencagli nel ribadire l’importanza di tutte le iniziative e manifestazioni che promuovono il rispetto della dignità umana e la tutela e centralità della pace in tutte le sue implicazioni sociali quotidiane”.
C’erano anche tanti assistenti sociali A Perugia, nel primo tratto di San Girolamo, presenti le massime rappresentanze della categoria «non solo per festeggiare i 25 anni dell’Ordine, ma per dare un segno della professione rispetto alla costruzione di equità, pace e diritti per tutte le persone, soprattutto quelle che in questo momento di pandemia non sono tutelate come dovrebbero».

A dirlo il presidente nazionale dell’ordine Gianmario Gazzi, secondo cui “l’unico modo per costruire una società inclusiva e giusta è garantire a tutti l’accesso ai diritti sociali e alla salute globalmente intesa”.
A rappresentare l’Umbria, fra gli altri, Cristina Faraghini presidente del Croas: “Ci siamo per rappresentare quello facciamo tutti i giorni, il nostro impegno per costruire una società, contesti e luoghi di vita più rispettosi dei diritti, della solidarietà e dell’accoglienza». È un lavoro, quello degli assistenti sociali, che come altri ha dovuto fronteggiare l’emergenza Covid-19. «Stiamo portando avanti ricerche, abbiamo dovuto adattare metodi e strumenti di lavoro all’emergenza. Ci stiamo occupando dei contesti delle famiglie, sono emerse nuove povertà e nuove difficoltà”.
L’impegno della categoria, con il filo della pace, si è unito a quello di altre realtà. “Abbiamo portato nel filo della catena le emozioni che ci sono nel nostro lavoro nella cura delle relazioni, condividendo l’impegno della pace e della solidarietà dei popoli”, ha sottolineato Marzia Lorenzetti, presidente dell’ordine delle Marche. Hanno aderito all’evento anche gli ordini del Lazio, del Piemonte, della Liguria, la Fondazione nazionale degli assistenti sociali e l’Associazione nazionale assistenti sociali per la Protezione civile.