
PERUGIA – Giuseppe Sassaroli, il direttore tecnico di Gesenu, finito ai domiciliari nell’ambito dell’operazione “Spazzatura d’oro” è considerato “figura centrale del disegno criminoso e soggetto apicale in tutte le società coinvolte, è di fatto il dominus sotto ogni profilo del sodalizio”. Lo scrive il gip Alberto Avenoso nell’ordinanza di custodia cautelare. Il gip, nell’accogliere la ricostruzione fornita dalla procura antimafia, ritiene particolarmente significativa una presunta falsificazione dei certificati di analisi del compost.
Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, il compost pronto per la vendita e analizzato non avrebbe soddisfatto i parametri di legge e così – nella ricostruzione della procura – Roberto Damiano, dipendente della Gesenu e coordinatore gestionale degli impianti di Ponte Rio e Pietramelina, “previo accordo e autorizzazione del Sassaroli” avrebbe sostituito il campione da far analizzare “con terriccio acquistato presso il punto vendita Leroy Merlin di Perugia” incaricando un terzo di acquistare il terriccio stesso. Secondo il gip, inoltre Sassaroli, pur essendo indagato e consapevole di esserlo, ha continuato a ricoprire vari incarichi in Gesenu: direttore tecnico e operativo, procuratore speciale, superando anche la bufera dell’interdittiva antimafia. Dai commissari straordinari prefettizi, infatti “è stato anche incaricato dagli amministratori straordinari prefettizi per l’esecuzione dei contratti pubblici commissariati, quale direttore operativo Gesenu, per svolgere compiti in materia di prevenzione degli infortuni e igiene sul lavoro, tutela della salute e della sicurezza dei posti di lavoro, tutela dell’ambiente e prevenzione incendi, sia in Gesenu che in Gest, con tutti i poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa”. Secondo il gip tutto questo avrebbe comportato un “pressoché certo pericolo di recidivanza criminosa, tenuto anche conto della gravità delle condotte commesse e della loro ripetititività nel tempo, tale da far ritenere l’esistenza di un sistema di gestione consolidato, per cui appare indispensabile una drastica interruzione dell’operatività gestionale di Sassaroli e di tutti i suoi legami con le varie compagini sociali per impedire il perpetuarsi del sistema”.
Nell’inchiesta, che vede indagate 14 persone, sono finiti anche i i folignati Ferdinando Baldini di 44 anni e Furio Baldini di 47 anni, Alessandro Canovai 53 anni di Prato, Roberto Damiano folignate di 39 anni, Giuliano Cecili eugubino di 66 anni, Silvio Marano 38enne di Foggia, Giosanna Pani perugino di 47 anni, Gianluca Perni 40enne di Roma, Renato Antonio Presilla perugino di 50 anni, Luca Rotondi umbertidese di 49 anni, Luciano Sisani magionese di 65 anni, Evaristo Spaccia perugino di 62 anni e Andrea Valentini folignate di 37 anni.
Secondo la Procura 11 dei 14 indagati sarebbero responsabili di associazione per delinquere. Nello specifico Sassaroli, Cecili, Spaccia, Damiano, Marano, Sisani, Rotondi, i Baldini, Presilla e Pani.